Il nostro codice penale prevede il reato di stalking. Con esso si intendono tutte le condotte persecutorie (es.: comportamenti invadenti, di intromissione, con pretesa di controllo, minacciando costantemente la vittima con telefonate, messaggi, appostamenti, ossessivi pedinamenti) verso una persona e che interferiscono nella vita privata della stessa.
Questo tipo di reato, poco tempo fa, si è manifestato anche nei rapporti tra condomini. Di fatti il Tribunale di Genova ha emanato la prima sentenza italiana di condanna per il reato di stalking condominiale.
Lo stalking condominiale rappresenta una delle varianti del reato di cui all’art. 612 bis codice penale (Atti persecutori) – una figura relativamente “nuova”, enucleata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20895 del 25 maggio 2011.
Nello specifico il caso ha visto una coppia di coniugi subire per 4 anni qualcosa di più di innocui dispetti fra vicini: delle vere e proprie angherie e torture psicologiche.
Partendo da una disputa per l’utilizzo del giardinetto comune, una pensionata e suo figlio avevano preso di mira e sottoposto a sistematici atti persecutori due sposi neo-vicini di appartamento.
Le vessazioni andavano dagli scherni agli insulti, ai rumori oltremodo molesti, alle minacce, fino addirittura a una denuncia nei confronti della coppia per presunti maltrattamenti a danno del figlio neonato. La situzione è divenuta insostenibile tanto che i due coniugi, dopo aver adotta delle limitazioni alla propria vita quotidiana (come la rinuncia ad invitare amici a cena, per evitare possibili ritorsioni da parte dei persecutori), decisero di lasciare la loro casa pur di non dover più sopportare i continui soprusi.
Successivamente, quando gli attacchi sono stati diretti al bambino dei due («Ve lo ammazziamo» – avrebbero detto a chiare lettere i vicini stalker) i due coniugi si sono decisi a rivolgersi alla Giustizia, sporgendo denuncia contro i loro aguzzini per il reato c.d. di stalking riuscendo ad ottenere una condanna per i due aguzzini per il reato di stalking.
La sentenza riconosce «il perdurante e grave stato di ansia o di paura» descritto dalla norma penale e che condanna la pensionata e il figlio di lei alla pena di 4 mesi di reclusione: una sorta di pronuncia apri-pista – secondo il legale delle vittime – destinata ad estendere le condanne per stalking a soggetti diversi da ex mariti gelosi, fidanzati e spasimanti respinti, e ad aprire la fattispecie di reato a un terreno più ampio di quello sentimental-passionale.